
Lo so, lo so, me lo dico da sola. Sono fuori tema. Mentre in
quasi tutti i blog impazzano le ricette natalizie, io ricordo le vacanze estive.
Qualcuno penserà che sono polemica, asociale o solo un po’ matta. E’ che per
me, questo è il periodo nel quale vorrei andare in vacanza, staccare da
tutto, non dover pensare a cenoni, pranzi e regali e fuggire, possibilmente in
un luogo dove non si festeggia il Natale. Niente vetrine, niente, luci, niente
babbini sui terrazzi o aggrappati alle finestre, niente lista dei regali, niente
adunate di parenti e pranzi all’ingrasso, niente siamo tutti più buoni e auguri
di rito. Sarà che a fine anno sono stanca, l’autunno mi immalinconisce ma, il
mio ideale sarebbe partire ora e tornare per la Befana. Per motivi vari ogni
volta rimandiamo e a me non resta che sognare nuove mete o ripensare a quelle
vecchie, al sole, al mare, alle emozioni di
un viaggio passato. Quando ho raccontato di Cefalonia ho finito il post
promettendo di raccontare anche la visita a Zacinto ed ecco che la voglia di
gamberi saganaki mi ha riportato a ricordare proprio quella gita.

Siamo arrivati a Cefalonia pensando che almeno un giorno
l’avremmo dedicato alla visita di un’isola vicina: Lefkàda, Itaca o Zacinto. Io
era convinta, convintissima che la meta sarebbe stata Itaca, solo ripetere il
nome ancora mi evoca la magia del mito di Ulisse, e tutti i miei sforzi
logistici sono andati in quelle direzione, fino a che non ho letto la guida. In
pratica lo descriveva come uno scoglio desolato dove delle tracce del mito non
c’è rimasto nulla e per di più ogni giorno sbarcano orde di turisti che fanno
la minicrociera tra le isole all’assalto dell’unico villaggio in cerca di foto
e souvenirs. No, non s’ha da fare. Abbiamo ripiegato su Zacinto, non sapendo
bene cosa aspettarci.
Lo ammetto prima di salire sul traghetto quello che sapevo
dell’isola era “Ugo Foscolo nasce a Zante o Zacinto nel 1778” e, da uno che poi
ha scritto i Sepolcri e le Ultime lettere di Jacopo Ortis, non avevo grandi
aspettative.
Il porto di Agiou Nikolaos, dove siamo sbarcato dopo un'ora di traghetto, è minuscolo. L’idea era quella di andare
a sud dove, avevo letto nella guida c’era la zona balneare e il Parco Nazionale
della Caretta Caretta. Essendo in periodo di deposizione delle uova, sognavo di
poter vedere queste tartarughe, veloci in acqua e goffe sulla terraferma, andare
a scavare le buche per la deposizione. Anche se ero consapevole che poteva essere solo un
sogno dato che tutto accade di notte e un parco non ti consente visite
individuali e non concordate, ma mi piaceva l’idea di vedere una posto tanto
naturale e affascinante.


Le cose andate diversamente perché al primo bar dove ci
siamo fermati per fare colazione, la proprietaria, una svizzera trapiantata
nell’isola, ci ha indirizzato a nord verso le Grotte Azzurre e il relitto di una
nave, da vedere, secondo lei, presto la mattina, prima dell’arrivo degli autobus
carichi di turisti. Ci siamo fidati e abbiamo fatto bene. Quello che ci si è
presentato dinanzi è stato il paradiso, una costa a picco, una spiaggia bianca
e un gioco di correnti che rende l’acqua di un colore indescrivibile, di un
azzurro lattiginoso mai visto.
Da lì abbiamo proseguito verso ovest e poi verso sud
passando in quella che è la zona dell’isola più selvaggia e incontaminata dove
si gira dimenticandosi che qualcun altro potrebbe guidare nel senso inverso al
tuo, dove il solo rumore è quello dell’auto e della natura, dove puoi vedere
capre, olivi secolari, il mare cristallino in lontananza, piccoli villaggi e carretti trainati da asinelli.
Un’oasi di pace e serenità.


Finalmente a sud, ci siamo fermati a Keri beach per un bagno
nelle acque cristalline poi finalmente nella spiaggia delle tartarughe.
Finalmente? No NON volevo crederci, una delusione tremenda. Arrivati a Laganas mi
è sembrato di entrare nel set di un film ambientato a Las Vegas, luci
sgargianti, colori psichedelici, divertimenti e negozi di ogni tipo e giovani
ubriachi sulla spiaggia alle 3 del pomeriggio. Ero basita. Persino l’acqua in
quel posto mi sembrava brutta e sporca. Pensavo a quelle povere tartarughe che sono nate
in quella spiaggia e che tornavano per deporre le uova in quel caos assoluto.
Alle tartarughe è concessa una parte della spiaggia che, di notte (almeno di
notte) viene chiusa. Non vedevo l’ora di scappare. In verità, eccitata all’idea
di vedere le signore del mare, non avevo letto bene la guida che avvertiva di
stare lontani da Laganas se si era in cerca di tranquillità.



Ritornando verso
nord, passando per la costa est, siamo arrivati a Zacinto città, la capitale,
ricostruita dopo il terremoto del 1953 che non mi ha entusiasmato molto, forse
ancora negativizzata dalla vista della città del divertimento. Giunti di nuovo
a nord, abbiamo gironzolato per il minuscolo porto,assistendo alle manovre dei pescherecci
di ritorno. Un ultimo saluto all’isola e via di nuovo sul traghetto.
Avevo la ricetta sul libro che ho comprato ma io mi fido solo di lei quando si parla di Grecia
Gamberi 300 g
Feta 100 g
Pomodori maturi 250 g
Concentrato di pomodoro 1 cucchiaio
Peperone verde tipo friariello 1
Cipolla bianca 1 piccola
Olio extravergine di oliva
Sale
Pulire i gamberi togliendo anche il filo nero sul dorso.
Lessarli per 5 minuti in acqua salata. Toglierli e metterli da parte
lasciando l’acqua di cottura filtrata.
Tagliare a strisce sottili la cipolla e il peperone. Soffriggere la cipolla
in un pochino d’olio (anche un peperoncino se piace) poi aggiungere il peperone
tagliato a striscioline fini e far insaporire.
Aggiungere i pomodori freschi passati alla grattugia, e il concentrato di
pomodoro diluito in una tazzina da caffè dell’acqua di cottura dei gamberi.
Dopo circa 10 minuti, aggiungere i gamberi e cuocere per altri 5 minuti.
Fare la feta a pezzettini piccoli e unirla agli altri ingredienti. Cuocere
per 5 minuti. Finire la cottura nel forno per 10 minuti circa a 200 gradi.