“… All’una di notte ci dovevamo alzare, per
andare ad accendere il forno. Venivano a bussare all’una, e ci alzavamo, - io
non lo potevo sopportare. Freddo da morire! In quelle casacce tutte vecchie! Si
doveva andare ad accendere il fuoco, perché prima delle quattro quando venivano
le suore, il forno già doveva essere caldo, si doveva incominciare a infornare
mostaccioli, biscotti, ciò che c’era da fare… Poi si faceva colazione, si
pigliava il pane con il latte e dopo, mentre quelle là facevano i compiti
speciali, noialtre scendevamo nel laboratorio. Lì si faceva la pasta reale,
frutta, agnelli, cuori – dipende dalla stagione. C’era il giorno che si
schiacciava mandorle e si doveva schiacciare mandorle; c’era il giorno che si
doveva pelare mandorle, e si pelava mandorle. Noi le schiacciavamo con martello
e pietra: in una settimana lavorando in otto si potevano schiacciare 4 salme di
mandorle (quasi 800 chili). Ci volevano cinque chili per fare un chilo di
mandorle sgusciate; le scorze venivano bruciate nel forno”. Maria Grammatico e Mary Taylor Simeti, Mandorle
amare, Flaccovio Editore, Palermo 2004
Per il Calendario del Cibo Italiano, oggi è il giorno dei Dolci del Convento. Ogni
volta che ne ho visitato uno, sono rimasta affascinata dai chiostri e dall’atmosfera
intima che si respira lungo i corridoi che portano alle cellette. Ho avuto l’occasione
di vedere gli orti e comprare qualche liquore o rimedio medicamentoso a base di
erbe, confezionati e prodotti dai frati. Mi piace l’aria che si respira in quei
luoghi, dà serenità e senso di pace. In Toscana ci sono molti conventi o eremi
da visitare e spesso sono state la meta di una uscita domenicale. La realtà
femminile nei conventi invece l’ho scoperta per la prima volta in Portogallo.
Ricordo un chiosco piccolissimo adornato da piccoli sacchetti di biscotti, una
specie di feritoia dove compariva la mano della suora che senza quasi proferire
parola consegnava biscotti e faceva il resto.
Immagino che la vita delle suore
di clausura sia molto dura (almeno vista da fuori) e che la cucina e la
pasticceria siano una sorta di cordone ombelicale che ancora le lega al mondo.
Ricette tramandate che hanno un sapore antico e prezioso.
Il ruolo svolto dai monasteri femminili nello sviluppo dell’arte dolciaria è stato di fondamentale importanza, prima dell’avvio delle vere pasticcerie. Le suore avevano la consuetudine di sdebitarsi, per servizi ricevuti, proprio con i dolci che, attraverso il calendario liturgico diventavano dei veri simboli per chi li riceveva. Ricette che, nelle loro mani, venivano tramandate e elaborate in veri e proprio laboratori di pasticceria. Oggi questa arte conventuale si è un po’ persa, rimane legata ai pochi conventi rimasti e all’arte imparata nel Monastero di San Carlo a Erice da Maria Gramatico che, una volta uscita aprì una pasticceria che porta il suo nome, con l’arte pasticcera imparata in convento . Ai conventi di Sicilia dobbiamo i frutti di martorana e la pasta reale piccole opere d’arte che stuzzicavano palato e fantasia, ma anche Biscotti ricci, Bocconetti, Agnelli pasquali, Buccellati, Ciambelloni, Mastazzoli, Paste nuove e Cuori di pasta reale. In questo modo da semplice gratificazione la pasticceria nel convento diventò un’attività che creava profitto e cambiò gli assetti delle monache in convento che dovevano cercare le materie prime e soddisfare la sempre crescente domanda.
Il ruolo svolto dai monasteri femminili nello sviluppo dell’arte dolciaria è stato di fondamentale importanza, prima dell’avvio delle vere pasticcerie. Le suore avevano la consuetudine di sdebitarsi, per servizi ricevuti, proprio con i dolci che, attraverso il calendario liturgico diventavano dei veri simboli per chi li riceveva. Ricette che, nelle loro mani, venivano tramandate e elaborate in veri e proprio laboratori di pasticceria. Oggi questa arte conventuale si è un po’ persa, rimane legata ai pochi conventi rimasti e all’arte imparata nel Monastero di San Carlo a Erice da Maria Gramatico che, una volta uscita aprì una pasticceria che porta il suo nome, con l’arte pasticcera imparata in convento . Ai conventi di Sicilia dobbiamo i frutti di martorana e la pasta reale piccole opere d’arte che stuzzicavano palato e fantasia, ma anche Biscotti ricci, Bocconetti, Agnelli pasquali, Buccellati, Ciambelloni, Mastazzoli, Paste nuove e Cuori di pasta reale. In questo modo da semplice gratificazione la pasticceria nel convento diventò un’attività che creava profitto e cambiò gli assetti delle monache in convento che dovevano cercare le materie prime e soddisfare la sempre crescente domanda.
Ho pensato
di riprodurre i Roccocò napoletani ricetta di biscotti molto antica che, pare,
risalga al 1320 ideata dalle monache del Real Convento della Maddalena di
Aversa. La tradizione vuole che siano biscotti che vengono
preparati a partire dal giorno dell'Immacolata, fino
all'Epifania. Sono biscottoni rotondi
con il buco, fatti con le mandorle, i canditi, le arance i mandarini e i limoni
e il pisto un mix speziato molto profumato fatto di cannella, chiodi di
garofano, noce moscata e cardamomo o anice stellato. Dato che siamo alla fine
della stagione delle arance, ancora qualcuna fa capolino nei supermercati ho
pensato che sarebbe stata l’ultima occasione di provare prima di Natale prossimo.
Sono biscotti duri ma esistono varianti più morbide, sono fatti con le mandorle ma
alcuni mettono anche o solo le nocciole, sono fatti con i canditi ma in molte
ricette non compaiono, tanto per ribadire come la tradizione allarghi le proprie
maglie, di casa in casa. La ricetta che ho usato io è quella di Antonio
Sorrentino presa qui. Ho solo omesso i canditi per gusto personale. Sono
biscotti da inzuppare magari in un vino liquoroso, marsala o limoncello e si
conservano nella latta anche una settimana.
1 kg di farina 00
900 g di zucchero
900 g di mandorle intere
Buccia grattugiata di 1 arancio grande
Buccia tagliata di 3 mandarini
Buccia grattugiata di 1 limone grande
25 g di pisto (cannella, chiodi di garofano, noce moscata, cardamomo)
2 g di ammoniaca per dolci o bicarbonato di ammonio in polvere
150 g di canditi scorzetta e cedro
100 ml di acqua tiepida
50 g di miele
200 ml succo di arancia e mandarini
Un pizzico di sale
1 bacca di vaniglia
Per decorare la superficie
2 uova
1 cucchiaino di zucchero
100 g di mandorle intere
Tostare le mandorle in una padella fino a far sprigionare gli aromi (attenzione a non bruciarle), poi farle raffreddare e tritarle grossolanamente.
Disporre la farina a fontana, versare lo zucchero, le mandorle tritate, la buccia grattugiata del limone, la buccia dell’arancia e dei mandarini a striscioline, il pisto e la vaniglia grattugiata.
Spremere gli agrumi poi filtrare e unire l’acqua poi intiepidire sul fuoco. Togliere dal fuoco, far sciogliere il miele e unire l’ammoniaca. Versare piano piano sull’impasto.
Mescolare bene il composto in modo da ottenere un impasto morbido che si stacchi dal piano ma non sia appiccicoso.
Prendere circa 100 g di impasto e stenderlo a bastoncino formando una piccola ciambella.
Rivestire con carta forno una teglia e sistemare i biscotti ben distanziati. Sistemare 4 mandorle intere su ognuno premendo affinché si fissino sulla superficie.
Pennellare con l’uovo sbattuto con lo zucchero, poi metterli in forno caldo a 150°C per 30/40 minuti.
Farli raffreddare. Conservati chiusi in buste di carta durano fino a una settimana.
Con questa ricetta partecipo alla Giornata Nazionale del Dolci del Convento del
Questa me la salvo per il prossimo Natale perché è una vita che voglio farli, e quel profumo di spezie così unico mi inebria ogni volta. Ti sono venuti meravigliosi e le tue foto parlano sempre da sole!
RispondiEliminaTi abbraccio mia cara.
Sono davvero buoni e calorici al punto giusto da essere mangiati a Natale. Sono duri e per denti buoni, altrimenti vanno inzuppati. Un abbraccio a te.
EliminaPer noi i roccocò vogliono dire Natale e tutti i suoi profumi! Una ricetta a cui siamo molto affezionati.
RispondiEliminaFabio