Quando ero piccola le occasioni per
uscire al ristorante erano davvero poche, capitava solo per il compleanno del nonno che
ci invitava tutti o per le ricorrenze come battesimi e comunioni. Quando
succedeva, indossavo un bel vestitino e mi sentivo una signora, quasi che
quell’uscita fosse davvero un evento. Mio papà pronto con la macchina accesa,
noi figli sul retro e mia mamma che saliva per ultima lasciandosi dietro una
scia di lacca, dopo aver sistemato e chiuso casa neanche partissimo per un lungo
viaggio. Al ristorante vedere la tavola ben apparecchiata e un menù dal quale
scegliere i piatti più buoni mi faceva sentire davvero fortunata. Oggi, al
contrario, mio figlio è talmente abituato a uscire che non coglie questa
fortuna, ricordo quando, piccolissimo, ancora non riusciva bene a pronunciare il
suo nome, dopo che tutti avevamo ordinato, rivolto al cameriere con il menù in
mano gli disse” e Uauo (Dario)?” come dire ma a me non chiedi nulla?
Io ero molto più ingenua e il
ristorante era una festa. Una cosa che mi piaceva particolarmente erano i
grissini, questi sconosciuti, che trovavo solo fuori, così accattivanti e
buoni, ne facevo scorpacciate.
I grissini, dei quali oggi si
festeggia la Giornata Nazionale sono tipici del Piemonte ma ormai una
tradizione dell’Italia tutta.
L’invenzione
dei grissini è da attribuirsi al fornaio di Casa Savoia Antonio Brunero che
nel 1675, sotto le indicazioni del medico lanzese Teobaldo Pecchio, pensò a
questo alimento per poter nutrire il futuro Vittorio Amedeo II, di
salute cagionevole e incapace di digerire la mollica del pane. Antonio
Brunero, fornaio di corte, staccò delle strisce dalla “ghersa” (tipico pane
piemontese a forma allungata ai quali dette nome di "ghersini".
La forma di grissino più antica e
tradizionale è il Rubatà (che in dialetto piemontese significa
“rotolato”) di lunghezza variabile dai 40 agli 80 cm, facilmente riconoscibile
per le caratteristiche nodosità, dovute all’arrotolamento fatto a mano.
Esiste poi lo Stirato, un
grissino di invenzione più recente, che si distingue dal rubatà in quanto la
pasta, invece che essere lavorata per arrotolamento, viene allungata tendendola
dai lembi.
Il successo dei grissini fu immediato, si narra che anche
Napoleone ne fosse rimasto colpito.
La versione che segue è quella di grissini stirati di grano
arso, ricetta avuta da Valentina in suo corso di panificazione.
Farina 450 g
Farina di grano arso 50 g
Acqua 270 ml
Olio 50 ml
Strutto o burro 20 g
Lievito di birra 20 g
Malto 5 g
Sale 10 g
Olio per spennellare
Semola
Impastare tutti gli ingredienti lasciando indietro 20 ml d’acqua.
Quando l’impasto si è amalgamato bene aggiungere i restanti 20 ml se
necessario. L’assorbimento dell’acqua
dipende dal tipo di farina utilizzata e, come dice Valentina, è sempre meglio
lasciare indietro un pochino d’acqua e aggiungerla dopo che fare un impasto
troppo idratato. Mettere in forza l’impasto formando un filone o dando delle
pieghe. Formare un panetto largo circa 8
cm. Spennellare bene con olio extravergine d’oliva tutti i lati e avvolgerlo
nella pellicola. Lasciare lievitare circa un’ora poi con un tagliapasta
tagliare delle strisce. Passarle nella semola e allungare delicatamente poi
depositare in una teglia rivestita di carta da forno. Cuocere per 10 minuti a
230°C.
Sono buoni anche i giorni successivi.
Ahahahah, c'è mancato poco che facessi la stessa ricetta, infatti ho già il post pronto! Poi ho avuto un ripensamento ed all'ultimo ho cambiato idea. Bellissime foto Annarita :) un abbraccio
RispondiEliminaRicetta originale, non ho mai utilizzato la farina di grano arso, chissà magari provo per la prima volta con i tuoi grissini! ciao
RispondiEliminaVeramente invitanti, molto interessante la farina di grano arso, ne ho un sacchetto ma devo ancora provarla. Questa è l'occasione giusta.
RispondiEliminaComplimenti.
Ciao Erica
Ho 2 chili grano arso che non finirò mai e mi hai dato un'idea che farò molto presto. Questi grissini sono meravigliosi!
RispondiEliminaSulla gioia di uscire al ristorante da piccoli, posso solo che sottoscrivere. Ovviamente mi è rimasta la stessa emozione anche oggi, se non che spesso resto delusa. Mi piacerebbe avere quella stessa ingenuità. Un forte abbraccio mia cara.